Sono stata a Genova a vedere la mostra di Edvard Munch.
Esposizione molto pubblicizzata, quasi come un tempo lo erano quelle su “gli Impressionisti”. Ne venivano organizzate in grande numero, qua e là per l’Italia, negli anni scorsi. Ora son passati di moda.
La mostra sul Munch meno conosciuto (tutti sanno dell’Urlo, pochi di altre e angoscianti opere) è un bell’oggetto, ben costruito. Ma è un inganno. L’Urlo, che è il motivo per cui tutti, in fondo, percorrono le sale, con la speranza di incontrarlo, non c’è.
C’è una sorpresa, c’è la beffa: l’Urlo secondo Warhol. Begli esercizi sul tema, curiosi, divertenti, sperimentali. Lui però non c’è. E non appena lo scopri, capisci l’ipocrisia della spiegazione generale che il numero 100 dell’audioguida dà: Munch non è solo quello di quel quadro lì, quello che tutti conoscono, è anche altro. Vero, benissimo, buono a sapersi e vedersi. Davvero. Ritengo però che giustificare l’impotenza di chi organizza un’esposizione su Munch con un’interpretazione simile sia una presa in giro. Allestire l’ultima sala con le riproduzioni di Warhol dell‘Urlo o anche spiegare che il legame tra l’arista norvegese e quello polacco-statunitense è da cercare nella loro passione per la serialità (Munch conservava le lastre per le liti e xilografie, e ne faceva n copie, non numerate), mi sembra un pretesto per non dire al pubblico: Oslo non ritiene di concederci quel quadro. Quello che vorremmo tutti vedere, al quale, come di fronte alla Gioconda diremmo: “ma non lo pensavo così (piccolo, grande, cupo, brutto, bello)”
Il percorso della mostra è molto bello, ben costruito, c’è un climax che però si sgonfia, in fondo, nell’ultima piccola sala venduta come speciale. Sorpresa! E t’aspetti quello che non c’è, cioè resti deluso. Colmo di bellezza, in attesa dell’acme che non arriva.
Le audioguide, senza le quali ormai nessuna mostra pare più fruibile, sono ben fatte. Il paragone però che meglio descrive il significato di vagare per le sale come monadi incuffiate e ignoranti è quello con i turisti esploratori: gli alpinisti improvvisati, che in massa raggiungono la cima dell’Everest con la stessa emozione con cui appenderebbero un poster di Van Gogh in cucina.
Il bookshop offre a 26 euro un ectoplasma munchiano gonfiabile.
(grazie a C e M per la gita, in ogni caso. Godereccia, culturale e ventosa)